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Rudimenti di storiografia longobarda: il ducato di Napoli nella toponomastica

Riferimento: 9788872974964

Editore: ABE
Autore: Boccia Antonio Vito, De Crescenzo Gennaro
Collana: Rudimenti di storiografia
Pagine: 128
Formato: Libro rilegato
Data pubblicazione: 14 Novembre 2024
EAN: 9788872974964
Non disponibile
44,00 €
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Descrizione

Dal punto di vista politico-istituzionale al duca spettavano compiti relativi agli aspetti militari e fiscali, al vescovo quelli relativi agli aspetti liturgici e quelli relativi alle strutture ecclesiastiche e ai monaci e alle monache quelli relativi all'assistenza, alla carità e alla organizzazione rurale alla base dell'economia del tempo. Di primo piano, allora, il ruolo del monachesimo locale che, attraverso i suoi enti di diverse dimensioni, gestiva un potere importante una volta decaduti gli ospedali municipali e laici fin dalla metà del V secolo. Anche in questo aspetto emerge una caratteristica che rappresenta forse un unicum tra le città del tempo: Napoli, pur nella sua autonomia rispetto a Bisanzio, operò una fusione tra la cultura greca delle sue radici e quella latina. Erano diverse e consistenti, del resto, le comunità ellenofone in tutta la Campania ed era diffuso dappertutto un senso di rispetto e ospitalità verso queste persone che richiamavano, per tanti aspetti, elementi dell'antica Magna Grecia. In questo senso pesava la consolidata tradizione dei traduttori presso gli Scriptoria napoletani e anche quella delle letture e dei canti in greco nelle cerimonie più solenni (uso presente solo a Roma a quel tempo) in un bilinguismo che conteneva implicazioni originali, articolate e affascinanti. Sorprende, come detto in precedenza, il mancato approfondimento di quello che alcuni studiosi hanno giustamente definito particolarismo napoletano, un aspetto sinonimo di una dinamicità e di una originalità con pochi precedenti almeno in Italia. Tra altre fonti, la Cronaca di Partenope sostiene la tesi delle sei chiese greche presenti in città e si registra anche una singolare tradizione: la mattina del sabato santo, i primiceri/responsabili di queste chiese erano tenuti a recarsi al duomo per cantare o leggere sei lezioni greche e, a Pasqua, assistere il Cimiliarca (ministro di culto) e cantare il Credo in lingua greca e secondo il rito dei Greci con la riproduzione di alcuni atti comici o facezie dette in latino volgare squarastase. Napoli fu capace, così, di diventare e restare un simbolo della grecità ma una grecità letta, vissuta e realizzata attraverso la latinità con la creazione di nuovi modelli istituzionali, liturgici, linguistici e politici. In questo rivestirono una grande importanza le scelte autonomistiche e accentratrici da parte dei duchi, forti di un senso di appartenenza di grande rilievo culturale. E questo discorso si lega profondamente ai fattori locali identitari che spesso vengono richiamati (in qualche caso per condannarli o per negarli) anche in tempi recenti. Napoli, allora, come capitale culturale e, in seguito, politica di un intero territorio destinato, nei secoli, ad espandere i suoi confini ben oltre quelli della città-stato-signoria ducale. La storia del ducato, allora, diventa paradigmatica e anche coerente con la storia di una identità che parte dalle radici greche, passa per quelle latine e diventa, poi, tra i Normanni e i Borbone, la base di una nazione napoletana che spesso ancora oggi fornisce spunti per dibattiti vivaci e utili. Perciò ci pare molto significativo un documento nel quale il duca Sergio IV concede diversi beni e privilegi al monastero di San Gregorio «affinché le Sacre Vergini potessero pregare per i loro donatori e per la salute della patria». Questo testo intende rappresentare un primo tentativo di ricostruzione complessiva dell'ormai dimenticato periodo alto-medievale, vissuto dalla città di Napoli. Forse per le obiettive difficoltà di reperire fonti, noi oggi ci troviamo di fronte a un autentico paradosso: conosciamo di fatti la storia della Napoli greca e di quella romana, ma sul cosiddetto ducato di Napoli (definizione che utilizzeremo solo per esigenze di sintesi e semplificazione) - peraltro un periodo complesso e lungo oltre seicento anni (VI-XII secolo) - le ricerche e gli approfondimenti sono sempre stati limitatissimi.